domenica 28 agosto 2011

Fatta la legge …


Servono delle buone normative. Chi può pensare che non ci debba essere un orario di chiusura dei pubblici esercizi posti in prossimità delle residenze?
Ma perché poi?
Perché non pensare che regolamentare l’orario di chiusura sia del tutto inutile e persino vessatorio: un club di fumatori di sigari, magari di mezz’età e che non bevano troppi cognac, potrebbe riunirsi in pieno centro storico in un caffè e non porre problemi anche se le sue sessioni si prolungassero tutta la notte; e perché non potrebbero essere aperti, in pieno centro, un ristorante o una enoteca? Magari una discoteca invece, meglio che si “faccia più in là”.
In ogni caso multe per chi non differenzia i rifiuti, chi direbbe che non ci vogliono? Chi direbbe che non servano zone di traffico limitato? Chi direbbe che non debba essere regolamentato il plateatico?
Certo.
Eppure.
Le direttive specifiche sarebbero più facili da applicare se ci fosse un piano o meglio un sistema di piani.
Cominciando da un piano urbanistico che preveda dei piani particolareggiati “di quartiere”. Per continuare con un piano del commercio che si intrecci con quei piani di quartiere definendo politiche (incentivi e divieto). Per finire con un piano della mobilità.
Le direttive specifiche sarebbero più facili da applicare se ci fossero processi di coinvolgimento dei cittadini (e perché no degli ospiti?) nella progettazione e nella gestione (ad esempio per i rifiuti).
Le direttive specifiche sarebbero più facili da applicare se ci fosse una gestione pubblica dei servizi pubblici.
Nello specifico: ad Alghero: ci sono troppi locali concentrati nel centro storico che è letteralmente sequestrato negli spazi pubblici (sequestrato dai plateatici formali e informali e dai parcheggi: ecco perché servirebbe un piano della mobilità), ci sono pochi locali distribuiti nello spazio urbano e nel territorio, c’è poi una scarsa differenziazione e un’assenza di specializzazione delle zone; alcuni di questi locali potrebbero e dovrebbero stare aperti per più tempo (sino all’alba, anche non d’estate), per poterlo fare dovrebbero essere meglio distribuiti, per poter essere meglio distribuiti dovrebbe esserci un adeguato sistema di mobilità (tanto per dire: la bicicletta non è un gadget per turisti, ma un mezzo fondamentale per la mobilità urbana e territoriale: le piste ciclabili, o meglio i percorsi adatti alle biciclette, dovrebbero servire a questo e rispetto a questo obiettivo dovrebbero essere valutate le scelte progettuali fatte).
Tra le direttive specifiche sono importanti quelle che limitano i rumori, e non solo a notte fonda; magari le persone preferiscono ascoltare la “loro” musica” o chiacchierare, invece di vedersi imposta musica andina o pellerossa o jam session (per originali e interessanti che siano) ogni dannata sera d’estate; mi spiego meglio: penso che il fenomeno degli artisti di strada sia interessante e per molti versi piacevole, per altri versi mi preoccupa un po’ il fatto che ci sia molta gente che si guadagna la vita anche in tarda età facendo di mestiere la “statua vivente” (non c’è nulla di meno dignitoso in questo mestiere che fare il barbiere, il professore universitario o la cubista, ma il fato che ce ne siano così tanti mi preoccupa).
Ciò premesso, che in un città ci siano molti teatranti, mimi, cantanti, giocolieri, … non è affatto spiacevole: la domanda è perché devono fare casino? Perché non possono operare senza amplificazione?
Anche qui poche norme, una presenza discreta e un qualche meccanismo di coinvolgimento di operatori e abitanti potrebbe rendere gradevole e profittevole per tutti queste presenze.
E apro un’altra questione.
Tutti hanno diritto di vivere, e una ragionevole tolleranza consente di garantire anche qualche comportamento non del tutto legale o normato.
E consente anche di garantire che, oltre ai commercianti del centro, beneficino del turismo anche altri operatori, che magari vendono olive ascolane.
E tuttavia anche questo implica una forma di pianificazione di tempi (una fiera può non essere utile farla in piena stagione e potrebbe essere pensata in relazione con un calendario di eventi) e spazi (per forza a ridosso del centro?), un pacato, attento controllo (i venditori ambulanti anche un po’ “irregolari” potrebbero essere coinvolti e regolamentati), una paziente negoziazione.
Insomma la città è di tutti e qualche attrito è inevitabile: la saggezza dell’intervento pubblico sta nel lubrificare i meccanismi e nel gestire i conflitti, avendo come guida l’interesse pubblico.
Ma la saggezza non è più una virtù. (xyz)

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